/// 20/04/2023

Formazione e ricerca per gestire il cambiamento

Stefano Francia è il presidente di «Agricoltura è vita», l’associazione di Alta formazione e ricerca di Cia Agricoltori italiani. Formazione e ricerca sono basi dell’innovazione che serve all’agricoltura per essere sempre più sostenibile sotto il profilo ambientale, economico e sociale.
Dal punto di vista ambientale l’agricoltura è più sostenibile di quanto si creda, tuttavia non rinunciamo alla transizione ecologica, ma il cambiamento deve essere alla portata delle aziende e una buona gestione dell’ambiente deve portare anche a dei riscontri economici.

Presidente, qual è la mission di «Agricoltura è vita»?

Già il nome «Agricoltura è vita» ribadisce come al centro delle nostre attività ci sia la vita del nostro pianeta e di chi ci vive; la formazione, l’informazione e la divulgazione scientifica possono veramente cambiare il mondo. L’Associazione, nella sua storia, ha sempre avuto il compito di svolgere due azioni formative: la prima nei confronti de dipendenti (agronomi e tecnici) della Confederazione. Predisponiamo appositi pacchetti di formazione per i tecnici e naturalmente i soci di Cia agricoltori italiani, in relazione alle esigenze che emergono dalla nuove poliche comunitarie e nazionali.
La seconda azione, invece, è rivolta a presidenti e quadri dirigenti dell’organizzazione, che è fondamentale come occasione per rappresentare in modo organico e univoco le istanze sindacali dei livelli regionale, provinciale e comunale.
Per quanto riguarda la ricerca partecipiamo a progetti di visione europea che mirano ad anticipare le richieste della politica agricola comunitaria.
Alcuni esempi: abbiamo realizzato corsi sull’utilizzo delle macchine agricole per l’irrorazione di precisione dei fertilizzanti e per l’utilizzo più consapevole dell’acqua. Insomma, l’obiettivo è essere pronti a formare soci e dirigenti rispetto alla nuova programmazione agricola comunitaria.

Lei ha parlato pure della ricerca come l’altra faccia della transizione…

Spesso il cambiamento verso una maggiore sostenibilità ambientale nasce dalla ricerca applicata. Siamo partiti dalle idee, abbiamo cercato di capire come concretizzarle, grazie alla tecnologia, per rendere sempre più sostenibile il settore agricolo.
Per noi la ricerca è un servizio importante verso gli agricoltori. Tanto più che i progetti spesso vengono realizzati in collaborazione con regioni, ministero e altri partner europei e non.

Rispetto alla sostenibilità, qual è l’impegno di Cia?

Innanzitutto, l’estrema attenzione a tutti e tre gli aspetti della sostenibilità: economica, sociale e ambientale. In secondo luogo vogliamo lavorare sul piano tecnico per mettere a punto processi sostenibili e davvero applicabili in campagna, affinché la sostenibilità diventi un valore per le imprese e non solo un libro dei sogni.
Gli agricoltori sono stanchi di essere presentati per quello che non sono…
Scontiamo ancora oggi la percezione di un’agricoltura che inquina e che crea problemi all’ambiente; invece si tratta di uno dei settori economici più innovativi: pensiamo, ad esempio, alla lotta integrata nata, in Emilia-Romagna, con l’assessore Giorgio Ceredi (dal 1977 al 1990), fu una grande innovazione perché tutte le tecnologie a disposizione per il controllo delle malattie delle piante e dei parassiti vennero messe in campo, compresa la lotta biologica.
Oggi in agricoltura vengono utilizzate tecnologie avanzate per ridurre l’uso dei fitofarmaci, come le macchine a recupero, gli ugelli antideriva, la carica elettrostatitca, ma anche software e sensori per l’impiego razionale delle risorse idriche, l’agricoltura di precisione per le operazioni culturali, le lavorazioni conservative per tutelare i suoli, ecc.

Presidente ma si tiene conto che la «rivoluzione green» richiesta da Bruxelles ha un costo economico per l’agricoltore?

Purtroppo no. Ad esmepio l’attività dei nostri agricoltori contribuisce in modo importante alla cattura della CO2, ma questo servizio al momento non è quantificato né tanto meno retribuito.
Le esternalità positive generate dall’agricoltura devono portare anche un vantaggio economico
agli agricoltori. Ad esempio alcuni anni fa abbiamo partecipato al progetto «Soil-4Life» che mostrava inequivocabilmente quanto il suolo abbia una rilevanza determinante nella cattura di CO2 e nella restituzione di acqua alla falda. Entrambi questi servizi al momento non sono minimamente retribuiti. Senza contare che molto spesso per potenziare i comportamenti che producono esternalità positive per l’ambiente, l’agricoltore sostiene dei maggiori costi che nessuno gli riconoscerà mai.

Cosa si attende dalla Pac 2023-2027?

Mi auguro un’applicazione più veloce e meno burocratica dei regolamenti relativi alle misure agroambientali, agli ecoschemi e alla condizionalità raffrozata. Oggi molte aziende faticano ad aderire agli Ecoschemi. Si sarebbero potuti gestire meglio, per avere maggior successo di applicazione da parte delle aziende agricole.

Gaetano Menna