/// 17/04/2023

Pac post 2027, è l’ora di essere «avanguardia»

sono tre le parole chiave individuate dal presidente di Cia agricoltori italiani, Cristiano Fini, per interpretare e «governare» il cambiamento a cui è soggetto l’intero mondo economico: formazione, innovazione e ricerca. I costi del cambiamento climatico – afferma Fini – non possono essere a carico solo delle imprese agricole.
E a tal proposito bisogna ragionare sulla Pac post 2027. Fini sollecita, sin da ora, un ruolo da protagonista del nostro Paese, perché il quadro programmatorio comunitario dovrà essere più aderente ai bisogni delle imprese agricole e superare la deriva antimpresa della pac in corso.

Presidente, veniamo da anni difficili e la nuova Pac 2023-2027 rischia di penalizzare utleriormente le imprese.

Ritengo che, la Pac 2023-2027 arranchi rispetto ai problemi del settore agricolo.
Sarebbe necessaria una politica europea che − a parità di risorse rispetto al passato − tenda a supportare maggiormente la produttività.
In questa programmazione troviamo tanti aspetti legati alla transizione ecologica dell’agricoltura, meno attenzione invece alla sostenibilità economica delle aziende. Ciò probabilmente è dovuto alle forti pressioni registrate a livello europeo, che hanno teso a mettere in cattiva luce il settore agricolo, quando invece è evidente a tutti che, negli ultimi anni, il settore agricolo ha compiuto passi avanti molto importanti rispetto alla riduzione dell’utilizzo di fitofarmaci e di fertilizzanti di origine chimica e anche sul benessere animale; e non va dimenticata la riduzione delle emissioni zootecniche.
Certo non significa essere arrivati alla meta, c’è ancora della strada da percorrere, ma senza dubbio questa programmazione UE, doveva tener conto maggiormente dell’impatto del cambiamento climatico sulla produzione agricola.

Dunuque, ritiene che ci sia una «deriva antimpresa» a Bruxelles?

Questo è quello che si è verificato, come dicevo, negli ultimi anni. Ora approcciamo alle elezioni europee del prossimo anno; l’auspicio è che ci sia un cambio di approccio rispetto all’agricoltura europea sia da parte dei parlamentari, sia della nuova
Commissione. Il nostro settore accetta la sfida della transizione climatica e della rivoluzione green, ma non accetta un’istituzione europea che continui a denigrare il primario, fondamentale per la produzione di cibo e per la tutela dell’ambientale.

Presidente, la sfida della transizione ecologica porta con sé il problema dei costi all’adattamento climatico…

A Bruxelles si sta già ragionando sulla futura programmazione. Chiediamo che, in essa, i costi della transizione ecologica dell’agricoltura non siano completamente a carico dei produttori ovvero compensati con risorse Pac, ma, come succede negli USA, siano a carico dell’intera collettività.
Questo perché i benefici ambientali e di alimenti salubri sono generati dalle aziende agricole ma vanno a favore di tutti.

La rivoluzione green offre anche opportunità come TEA, crediti di carbonio…

Sulle TEA, a livello europeo, occorre accelerare l’approvazione e la divulgazione anche scientifica di queste tecnologie, che sono una risposta, seppur parziale, verso il cambiamento climatico; occorre fare presto per rendere maggiormente resistenti le piante alle avversità biotiche e abiotiche, altrimenti difficilmente riusciremmo a reggere l’urto di quanto sta accadendo.
Per quanto concerne i crediti di carbonio, si tratta del giusto riconoscimento al valore ambientale del settore che pertanto deve avere il diritto di «sfruttarli».
In definitiva, in un momento in cui l’Europa tende a criminalizzare i produttori occorre, invece, uno scatto avanti per mettere a valore gli importanti beneficii ambientali dell’agricoltura.
Una delle esigenze di un’organizzazione dinamica come Cia-agricoltori italiani, è quella di stare al passo con i tempi anzi, di precedere i cambiamenti.
Sicuramente è indispensabile per l’organizzazione affrontare i temi e le emergenze ma anche guardare al futuro. «Formazione, innovazione e ricerca» sono i tre concetti fondamentali per garantire un futuro agricolo all’Italia e all’Europa. E dovranno essere patrimonio del DNA di un’organizzazione moderna come la Cia.

La «formazione», da lei citata, riguarda da una parte i tecnici, dall’altra i dirigenti dell’organizzazione?

Sicuramente abbiamo bisogno di far crescere i livelli di competenza dei nostri tecnici e del nostro gruppo dirigente. Lo vogliamo fare attraverso metodi comunicativi all’avanguardia e con corsi formativi per una corretta e coerente circolazione dell’informazione.

Lei ha focalizzato l’attenzione in particolare su Bruxelles. Quali sono i prossimi passi da fare?

A Bruxelles si sta già approcciando la nuova programmazione e quindi l’Italia deve anticipare i tempi e portare al tavolo una propria proposta d’avanguardia che tenga conto delle esigenze future delle imprese agricole aiutandole a rimanere sul mercato e ad avere un buon livello di produttività e quindi di redditività.
Questo, credo, debba essere lo spirito che ci dovrà guidare nei prossimi mesi per cercare di reimpostare la nuova Pac, perché sia al passo con i tempi. La Pac di oggi anche se è la «nuova Pac» è già passata.

Gaetano Menna